[it] AOFC58 GALLERY ROME
41° 54’ N / 12° 28’
In un mondo a portata di link le coordinate geografiche possono essere prese in prestito dalla sineddoche. Il reticolo cartografico, infatti – grandiosa invenzione moderna oggi quasi dimenticata grazie all’immediatezza delle immagini satellitari – collega ogni punto della superficie terrestre con un altro e colloca esattamente (o quasi) un luogo rispetto a condivisi ma convenzionali punti di riferimento.
41° 54’ N / 12° 28’ E è un progetto di mostre personali, nato per AOCF58, storico luogo espositivo romano in cui convivono sia le caratteristiche del white cube, sia quelle di uno spazio non-deputato, con un piccolo cortile verdeggiante, riparato dalla strada e stretto fra spazi privati e laboratori di creatività. Gli artisti sono invitati a confrontarsi con tali peculiarità, declinando la propria ricerca in una dimensione site specific e con lavori inediti che rivolgano particolare attenzione al rapporto fra uomo, ambiente urbano e natura. L’urgenza della questione ecologica non solo si impone in sé, ma si fa metafora del nodo originario che lega ogni individuo al proprio contesto, sia quest’ultimo concreto o ideale, materiale o culturale. Tale profonda consonanza tra singolo e oikos riemerge di tanto in tanto nella cultura occidentale, a volte sospinta da venti orientali o meridionali, a volte invece generata dal suo stesso ventre, cioè dalla ricerca scientifica, che si lascia ricorrentemente ammaliare dalle possibili analogie fra vivente e meccanico, così come fra cognitivo e biologico. 41° 54’ N / 12° 28’ E vede il coinvolgimento di artisti di area romana, con formazioni e modalità espressive differenti e discordanti, proprio per aprire la proposta curatoriale a interpretazioni molteplici, poiché il confronto tra differenze è più interessante di quello fra somiglianze. Il progetto prevede che ciascuna personale solleciti dialoghi polifonici, ospitando esecuzioni musicali, letture, proiezioni e performance, a tema con il lavoro esposto.
Si apre con César Meneghetti il primo appuntamento 41°54’N-12°28’E, rassegna ideata da Francesca Gallo per AOCF58, con la partecipazione di artisti diversi per formazione e scelte espressive, i cui lavori inediti ruotano attorno al rapporto fra individuo e contesto, sia esso culturale o materiale, simbolico o sociale. Il titolo del progetto, infatti, coincide con le coordinate cartografiche dello storico white cube romano, prese in prestito dalla sineddoche per evocare un sistema di convenzionali punti di riferimento planetari in cui ciascuno può trovare la propria collocazione.
César Meneghetti, artista che ama i confini e gli sconfinamenti tra linguaggi espressivi – dal video, al film, dalla fotografia alle installazioni – ha sviluppato una particolare attitudine alla traduzione (tra codici) tipica di chi si sente un’interfaccia fra realtà differenti, e non solo per posizione bio-geo/grafica. La centralità del filtro linguistico nell’organizzazione del pensiero e dell’esperienza, quindi, ricorre sovente nella sua ricerca, come dimostra la naturale propensione per i giochi di parole;(soundscapes di Matthew Mountford) , che mette a tema il senso di spaesamento endemico che segna gran parte delle culture contemporanee: più che una condizione individuale, si tratta piuttosto di una progressiva perdita di orientamento, che connota realtà pur distanti, ma inevitabilmente interconnesse attraverso sempre nuove tecnologie comunicative. Solo che questa volta Meneghetti esplora lo spessore dell’immagine elettronica senza timore di allontanarsi dalla registrazione del reale, e arriva a liberare forme e suoni dal senso familiare e tranquillizzante in cui la comunicazione mediatica li costringe. In un crescendo di astrazione, i quattro nuovi video – girati nel Sud Est asiatico – si caratterizzano per insoliti ritmi lenti, che conducono dentro tessiture e sovrapposizioni visive, quasi un viaggio interiore, dentro paesaggi dell’anima. Sembra che il videomaker italo-brasiliano si lasci scivolare in un mondo ovattato, popolato da figure sfocate: una ricerca di purificazione dello sguardo che pare condurlo verso sensazioni assolute.
César Meneghetti vive fra Roma e São Paulo ed è internazionalmente noto per la partecipazione, tra l’altro, all’Inter-American Biennal of Videoart (2008 e 2004), Made in Italy. Il video d’autore, genio e sregolatezza (Roma 2007), Vidéoformes (Clermont Ferrand 2006 e 2003), 51° Biennale di Venezia (2005), VideoBrasil (São Paulo 2001 e 2003), Tokyo Videoart Center (2002), Transmediale (Berlino 2001), Microwave International Media Art Festival (Hong Kong 2000). Tra le ultime personali: K_LAB Iteracting on the Reality Interface (MLAC 2008); Montage 10 (Macro 2005), Romevideo (Bruxelles 2003), Montage (El Aleph Videogallery 2002).
César Meneghetti, artista che ama i confini e gli sconfinamenti tra linguaggi espressivi – dal video, al film, dalla fotografia alle installazioni – ha sviluppato una particolare attitudine alla traduzione (tra codici) tipica di chi si sente un’interfaccia fra realtà differenti, e non solo per posizione bio-geo/grafica. La centralità del filtro linguistico nell’organizzazione del pensiero e dell’esperienza, quindi, ricorre sovente nella sua ricerca, come dimostra la naturale propensione per i giochi di parole;(soundscapes di Matthew Mountford) , che mette a tema il senso di spaesamento endemico che segna gran parte delle culture contemporanee: più che una condizione individuale, si tratta piuttosto di una progressiva perdita di orientamento, che connota realtà pur distanti, ma inevitabilmente interconnesse attraverso sempre nuove tecnologie comunicative. Solo che questa volta Meneghetti esplora lo spessore dell’immagine elettronica senza timore di allontanarsi dalla registrazione del reale, e arriva a liberare forme e suoni dal senso familiare e tranquillizzante in cui la comunicazione mediatica li costringe. In un crescendo di astrazione, i quattro nuovi video – girati nel Sud Est asiatico – si caratterizzano per insoliti ritmi lenti, che conducono dentro tessiture e sovrapposizioni visive, quasi un viaggio interiore, dentro paesaggi dell’anima. Sembra che il videomaker italo-brasiliano si lasci scivolare in un mondo ovattato, popolato da figure sfocate: una ricerca di purificazione dello sguardo che pare condurlo verso sensazioni assolute.